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16 settembre 2020

Recensione libro: Una passeggiata nei boschi, di Bill Bryson

Ho letto questo libro dopo aver visto il film che ne ha tratto il regista Ken Kwapis: A spasso nel bosco, con Robert Redford e Nick Nolte, del 2015. Lo scrittore è Bill Bryson, giornalista e noto autore di libri di viaggio. Ne ha scritti un bel po', e dato che mi sono piaciuti molto l'ironia e gli interessanti aneddoti, penso che leggerò qualche altro suo titolo, come Una città o l'altra. Viaggi in Europa o Notizie da un'isoletta. Ma veniamo a questo Una passeggiata nei boschi. Uscito nel 1998, è il racconto autobiografico del trekking intrapreso da Bryson sul famoso (e famigerato) Appalachian Trail, in compagnia del suo vecchio amico Katz. I due, «diversamente giovani» e non particolarmente in forma, incappano in una serie di disavventure, e in incontri (con umani e animali) non sempre piacevoli. Ma questo libro non è solo un resoconto autoironico di un'impresa forse un po' troppo ambiziosa, bensì è anche una miniera di interessanti informazioni e aneddoti sui luoghi che s'incontrano durante questo impegnativo trail. Per esempio, la città fantasma (o quasi: ha ben sette intrepidi abitanti) di Centralia, in Pennsylvania, edificata sopra un immenso giacimento di antracite: nel 1962 a Centralia scoppiò un incendio che arde tuttora nel sottosuolo, causando voragini nelle strade, temperature torride, aria satura di anidride carbonica e vapori che fuoriescono dalla terra. Molto interessanti sono anche le riflessioni dell'autore sulla questione ambientalista e sullo strano rapporto fra natura selvaggia e antropizzazione estrema degli Stati Uniti, così come illuminanti (e a tratti un po' deprimenti) sono le critiche mosse all'organismo che gestisce il sentiero, il National Park Service, che a quanto pare non brilla proprio per efficienza: evidentemente, tutto il mondo è paese... L'Appalachian Trail è un percorso escursionistico di circa 3500 km, anche se non se ne conosce l'esatta lunghezza, dato che questa varia man mano che cambiano o si aggiungono delle piste. Comunque, per percorrerlo tutto ci vogliono dai cinque ai sette mesi di marcia (ammesso che ci si riesca), dalla Georgia al Maine, attraverso ben quattordici stati, lungo un interminabile paesaggio fatto di boschi e montagne selvagge. Molto selvagge... Riusciranno dunque i nostri eroi a completarlo? E come ne usciranno? Se volete scoprirlo, vi consiglio di leggere questo bel libro. O almeno di vedere il film. Meglio ancora: tutt'e due! 

Una passeggiata nei boschi
di Bill Bryson, Ugo Guanda Editore, 2000 (orig. 1998), 310 pagine

27 marzo 2014

Recensione libro: La prima moglie (Rebecca), di Daphne Du Maurier

La prima moglie è un romanzo bellissimo, scritto in modo magistrale da una grande autrice, Daphne Du Maurier, cui si devono anche La casa sull'estuario, Mia cugina Rachele e i racconti Gli uccelli e A Venezia... un dicembre rosso shocking. Da numerosi suoi lavori sono state tratte delle trasposizioni cinematografiche: in particolare, Gli uccelli e Rebecca sono film imperdibili, entrambi diretti da Alfred Hitchcock. Vi consiglio soprattutto la raccolta di novelle del paranormale e del fantastico Non dopo mezzanotte e altri racconti, una più bella dell'altra (Le lenti azzurre fa accapponare la pelle). La prima moglie è forse il suo romanzo più riuscito – di sicuro il più famoso – par l'analisi psicologica, per la descrizione suggestiva dei luoghi e dei paesaggi, per le atmosfere inquietanti, per i giochi di luci e ombre. Se riuscite a trovarne una copia (non sembra facile, ormai), vi consiglio di acquistarla senza indugio: non ve ne pentirete e sono quasi sicura che anche voi leggerete più volte questo romanzo nell'arco degli anni (io, in quasi quarant'anni che sono al mondo, l'ho già letto tre volte, e so per certo che lo rileggerò ancora).


Questa la prima pagina del romanzo La prima moglie, conosciuto anche come Rebecca, della scrittrice inglese Daphne Du Maurier. Ogni volta che la leggo mi vengono i brividi. In particolare, le parole iniziali, «sognai l'altra notte che ritornavo a Manderley» (felicissimo incipit) sono perfette, perché introducono subito il lettore nel fulcro (anche in senso logistico) intorno a cui ruota la storia: Manderley, il meraviglioso palazzo in Cornovaglia di Maximilian de Winter. Ma questa frase iniziale rimanda anche alla dimensione onirica, a un qualcosa che ormai non è più, se non nei sogni della protagonista. Ci furono giorni in cui lei sognava di Manderley, quando ne ammirava le riproduzioni sulle cartoline in vendita al suo paese, chiedendosi chi ci abitava, come doveva essere viverci. Ora, invece, la protagonista la sogna come si sogna di un'esperienza vissuta, come di un qualcosa che si è conosciuto, si è posseduto, ma che poi si è perso. Quanti eventi si sono succeduti da quando lei guardava sognante le cartoline di Manderley. Allora era una ragazza timida, goffa, quasi insignificante, costretta, per mantenersi, a fare da dama di compagnia a un'odiosa, villana e volgare impicciona, che non aveva altro pregio se non quello di possedere molto denaro. E così, in vacanza con la dama a Montecarlo, questa giovane inesperta conosce Maximilian de Winter di Manderley, uomo chiuso in sé, a volte scontroso, ma affascinante. E' vedovo da un anno, ma la chiede in moglie e lei, innamoratissima, diventa la nuova signora De Winter. Ma, non appena mette piede nella vera Manderley, si rende conto che la signora De Winter non è lei: è ancora la prima moglie, la bellissima, brillante, intelligente, sofisticata Rebecca. Tutti fanno il confronto fra lei e Rebecca: tutti, e lei stessa per prima. Si sente sempre più insicura: nei confronti della servitù, in particolare della glaciale governante Danvers, e nei confronti del marito. Arriva a pensare che lui non la ama, perché Rebecca è sempre fra loro, non li abbandona mai. Ma qualcosa sta per accadere. E' l'elemento «giallo» del romanzo, una scoperta che cambierà tutto, ma più di ogni cosa cambierà la protagonista, che finalmente diventerà donna e imparerà ad essere davvero una compagna per il marito, lasciandosi alle spalle la futile e autodistruttiva gelosia per Rebecca. Ma ora che tutto è finito, che la giovane inesperta e goffa è divenuta la vera signora De Winter, ora che i dubbi si sono dissipati come la nebbia al sole e che finalmente Maximilian si è aperto a lei, Manderley è ritornata nei sogni e da lì non potrà mai più ritornare.

29 ottobre 2013

Recensione libro: I ponti di Madison County, di Robert James Waller

Chi non conosce la trama di questo libro? Chi non ha visto l'omonimo film. Ma se non avete visto il film, niente paura: nonostante i paroloni introduttivi, nonostante le promesse di chi, nella finzione letteraria, è stato incaricato dai figli di Francesca di raccontare le vicende della loro madre defunta e del fotografo Robert Kinkaid, la trama non è proprio niente di originale: è sostanzialmente una storia di corna.
Anni Sessanta; gretta e retrograda campagna americana. Francesca, una quarantacinquenne sposata con un agricoltore gretto e retrogrado, appena il marito si assenta per una fiera agricola («zoticone!», si direbbe che pensi l'autore), s'innamora – ricambiata – di un fotografo di passaggio; e se fosse passato l'omino della FedEx, si sarebbe innamorata di lui, aggiungo io! Ma questo amore è travolgente (e dura ben quattro giorni!); tuttavia lei decide, per il bene della famiglia, di restare col marito gretto e retrogrado e di rinunciare al fotografo, il quale riprende i suoi vagabondaggi per il mondo fotogenico.
Interessante è la premessa del libro: come accennavo prima, nella finzione letteraria il testo è scritto da un romanziere su incarico dei figli di Francesca. E lui – astuto! – mette subito in guardia il lettore: non pensi che questa sia solo un'altra storia d'amore strappalacrime e sdolcinata, no! Il lettore peccherebbe di cinismo! Si renda invece conto, il lettore, che è una storia davvero coinvolgente, profonda, diversa dalle altre storie d'amore. Insomma: se voi siete convinti di aver vissuto, o di stare vivendo, o magari sperate di vivere in futuro una bella storia d'amore, non v'illudete: non sarà mai all'altezza di quella di Francesca e Robert.
E già a questo punto della lettura mi sono incavolata. Ma che ci avranno 'sti due che noi altri (poveri sfigati) non abbiamo? Eh, ve lo spiego subito. Lei ha querantacinque anni, ma è tanto, tanto bella, ha le gambe lunghe e flessuose e i seni che sfidano la legge di gravità. Lui (anche se lei dice che non è bello) è snello, atletico, asciutto, muscoloso ecc. ecc. E Francesca, nelle parole del finto narratore e in una sua lettera, lo ripete varie volte: i pettorali che spuntano dalla camicia un po' aperta, i muscoli delle gambe che tendono i pantaloni color kaki, il guizzo (questa è bellissima!) dei muscoli del braccio quando lui cambia la marcia guidando (manco fosse il timoniere di un tre alberi in piena tempesta!). Insomma, lui non è bello, no: è solo l'uomo che non deve chiedere mai, l'uomo Denim after shave. E poi lui è «l'ultimo dei cowboys», uno sciamano, l'ultimo esemplare di un ramo evolutivo ormai estinto e così via. Non l'avete ancora capita? Lui è figo: voi no.
E qui, caro scrittore, mi spiace ma nonostante tutti i tuoi avvertimenti, sarò cinica, ma a me sembra già tutto molto stucchevole, altro che sdolcinato. E poi c'è la storiella d'amore fra i due, che dura quattro giorni quattro, ma in realtà durerà per tutta la loro vita, perché lui, si verrà poi a sapere, non toccherà mai più altra donna finché vivrà (ah ah ah! anche questa è proprio bella!). Lei invece si arrabatterà col marito gretto e retrogrado per il bene dei figli. Figli che, quando scopriranno della tresca materna, la prenderanno benissimo, soprattutto la femmina, che a un certo punto dice:

«Immàginatela [...] mentre balla con lui, qui in cucina. Pensa a tutto il tempo che abbiamo passato in questa stanza e alle immagini che certo le sfilavano davanti agli occhi mentre cucinava e sedeva qui con noi, parlando dei nostri problemi, del college da scegliere, della difficoltà di far funzionare un matrimonio. Dio, paragonati a lei siamo talmente sciocchi e  infantili

Ecco, questa frase, a mio parere vergognosa, riassume alla perfezione l'assunto del libro: noi, coi nostri problemi, le nostre presunte storie d'amore, siamo nullità, in confronto a Francesca e Robert.
Questo libro mi ha fatto venir proprio rabbia, in certi momenti. Vi assicuro che non è per nulla romantico o altro, e io non sono cinica: mi commuovo fino alle lacrime tutte le volte che guardo West Side Story, che leggo Via col vento e Jane Eyre, che ascolto Il fantasma dell'opera di Lloyd Webber e Romeo e Giulietta di Prokofiev, che vedo la scena di Dumbo in cui la mamma elefantessa è rinchiusa...
Almeno non è un libro scritto male: va giù bene, anche perché è piuttosto corto (complice l'influenza, l'ho letto in tre giorni). Quindi se volete cimentarvici (e se avete l'influenza), leggetelo pure. Ma poi non sentitevi in colpa se non vi commuovete!

I ponti di Madison County
di Robert James Waller, ed. Frassinelli, 1993 (orig. 1992), 174 pagine

09 giugno 2013

Sono tornataaa!!!

Ciao a tutti, cari lettori! Scusate per la lunghissima assenza dal blog (non scrivevo un post dal 15 maggio, ahi ahi ahi), ma sono giustificata: ero in viaggio di nozze! Eh sì, perché io e il Pupo ci siamo sposati! E' stato tutto magnifico: le nozze e il viaggio, ma, siccome abbiamo fatto tutto noi (bomboniere, tableau marriage, segnatavoli ecc.), ovviamente eravamo anche un po' stanchini; quindi il viaggio di nozze ce lo siamo meritato e stragoduto! Nei prossimi post vi mostrerò i lavoretti handmade preparati per il grande giorno, e poi ovviamente posterò qualche foto della vacanza.
Oggi, invece, un post veloce, giusto per dirvi che ci sono di nuovo. Vi dirò solo due parole sui libri che mi sono portata in viaggio, perché in quindici giorni di relax non poteva certo mancare la lettura. E una lettura leggera, com'è ovvio. Infatti (nonostante gli "impegni" quotidiani con la piscina, le saune, la hot whirpool, i trattamenti benessere, le ottime cene, le belle passeggiate) mi sono divorata ben tre libri de La Signora in Giallo. Cosa c'è di più rilassante di Jessica Fletcher, sempre in mezzo ai delitti, ma che non perde mai la calma, il buon senso e la cortesia?


I tre libri che ho letto sono: Fuochi d'artificio con cadavere; Caffè, tè e il delitto è servito; Long drink con cadavere. Già i titoli sono un programma... Che dire? Sono tutti e tre carini, scritti meglio di quanto si potrebbe immaginare (l'autore è uno decisamente scafato, con oltre novanta titoli pubblicati), come dicevo prima rilassanti ma con una punta di tensione qua e là. Certo, bisogna apprezzare la protagonista, per leggere con piacere questi libri. E a me Jess, con la sua gentilezza e il suo buon senso, piace molto. Dei tre ho preferito Caffè, tè e il delitto è servito, ambientato in parte a Londra e in parte... su un aeroplano! E a proposito di location: una cosa che apprezzo di questa serie è che qua e là l'autore inserisce un capoverso puramente informativo su questa o quella località, una sorta di "guida turistica" mai pedante, utile perché così s'impara qualcosa perfino da questi libri.
Bene, e con questa breve segnalazione vi saluto e vi dico... al prossimo post!

15 marzo 2013

Recensione libro: La spiaggia rubata, Joanne Harris

La sera fate fatica a prendere sonno? Nessun problema: leggete questo libro!
Ero andata in biblioteca con l'intenzione di prendere in prestito Chocolat, di cui ho letto critiche positive e di cui ho visto la riduzione cinematografica. Avevo anche letto recensioni ai libri dell'autrice, Joanne Harris, che menzionavano graziosi paesini francesi, gente che chiacchiera nei caffè, torte e pasticcini gustati fra amiche, profumi, sapori, colori e così via. Tutto questo mi ha fatto credere che nei romanzi della Harris ci fosse davvero qualcosa della Francia come la conosco io: mercati pieni di colori, vivaci caffè, incantevoli paesini, gente che sa come vivere. Ma in biblioteca Chocolat non c'era; c'era però questo libro, ambientato in un'immaginaria isoletta atlantica, Le Devin, a poca distanza da Noirmoutier (quest'isola esiste davvero, ed è semplicemente stupenda!), in Vandea, vale a dire in quasi-Bretagna. Ovviamente, come sempre accade quando c'è di mezzo la Bretagna e la costa atlantica della Francia, non ho potuto resistere e ho preso in prestito questo romanzo con tante belle aspettative. E invece, una delusione! L'ho trovato un libro proprio brutto. Innanzitutto è noiosissimo: a metà (vale a dire intorno a pagina 250, perché è pure un romanzo lungo) cominci a chiederti: «Ma quand'è che inizia la storia?». Speri che nelle restanti 250 pagine (che non sono poche) succeda qualcosa, e invece no. O meglio, qualcosina succede, ma è veramente pochino, certo non abbastanza per giustificare l'esistenza di questo romanzo: in linea di massima vi posso dire che l'isoletta consta di due paesi, uno fortunato e l'altro depresso (originalissimo...), quest'ultimo abitato da gente triste, arretrata, superstiziosa e priva d'iniziativa. Ma quando arriva la protagonista, originaria di Le Devin ma poi trasferitasi a Parigi, chissà perché tutti diventano operosissimi, pieni di voglia di fare, ottimisti, e le rivalità tra famiglie si appianano come per magia. Ma a pensarci bene anche la trama di Chocolat è piuttosto simile: un paese retrogrado e opprimente che, grazie all'arrivo di un'estranea, la cioccolataia (inizialmente guardata con sospetto), diventa il paesello dove chiunque vorrebbe vivere. Insomma: sembra proprio che per la Harris (mezza francese e mezza inglese) i villaggi francesi siano belli se ci arriva qualcuno da fuori, o almeno da Parigi, a cambiarli. La protagonista di questo romanzo, fra l'altro, è antipaticissima e mi sono guardata bene dall'identificarmici. Gli altri personaggi, se si fa eccezione per il nome, sono più o meno tutti uguali; l'unico che esce lievemente dal coro (perché piace alla protagonista e ha i capelli rossi e vive in un bunker) è terribilmente stereotipato: un'adolescente avrebbe saputo immaginarsi un uomo più interessante. E poi, una cosa che detesto in certi autori: il fatto che la Harris, evidentemente incapace di caratterizzare un personaggio in base alle azioni che gli fa compiere e alle parole che gli fa pronunciare, debba ripetere di continuo al lettore il modo in cui lei vuole che questi personaggi siano interpretati. Faccio un esempio: in 430 pagine di libro, l'«affascinante» Claude Brismand non si riesce proprio a capire cos'abbia di affascinante... Questo per quanto riguarda i personaggi. Per ciò che concerne l'ambientazione, poi, un disastro: io conosco piuttosto bene la Bretagna e i suoi abitanti (ci sono andata in vacanza per dieci anni), e vi posso assicurare che leggendo questo libro non ci ho ritrovato nulla di questa magnifica terra, né dal punto di vista dell'«atmosfera» né tanto meno da quello «fisico»: se non conoscete la Bretagna, con questo romanzo state sicuri che non ve ne farete la benché minima idea. E poi lo stile: la Harris non sa scrivere tanto bene, a voler essere clementi. Quando tenta delle metafore, ottiene dei risultati nella migliore delle ipotesi ridicoli; un esempio? «Mi girai d'impulso verso Flynn e lo baciai; un bacio lungo, senza respiro, che sapeva di sale, la mia bocca incollata alla sua come una patella»: ma che schifo!!! Per fortuna la Harris è anche discontinua, e così, dopo essersi sforzata per mezzo libro di creare metafore poetiche, nella seconda metà ci ha rinunciato (e il lettore tira un sospiro di sollievo). Da redattrice, correttrice di bozze e impaginatrice quale sono, sospetto però che anche la traduzione, o quanto meno la revisione, abbia una parte di colpa in questo stile così involuto: per esempio, ogni tanto ci sono dei pronomi personali che non si capisce bene a chi si riferiscano; aggiungeteci qualche refuso qua e là, oltre a un'impaginazione non proprio curata, e ne esce un prodotto davvero da evitare. E se, come me, vi siete sbagliati e non l'avete evitato, ci sia augura almeno di dimenticarsene presto. Magari con l'aiuto di un buon libro.

La spiaggia rubata
di Joanne Harris, ed. Garzanti, 2002, € 17,00, 429 pagine

12 febbraio 2013

Recensione libro: Forrest Gump, Winston Groom

«E così ero un'altra volta in partenza, e quella notte la mia mente era piena di pensieri. Pensai al mio ritorno a casa, alla mia mamma, al povero vecchio Bubba e all'affare dei gamberetti, e naturalmente anche a Jenny Curran. Ma più di ogni altra cosa al mondo avrei voluto non essere così idiota.»
Chi non ha visto il film Forrest Gump, tratto da questo libro di Winston Groom? Per quanto mi riguarda, ogni volta che lo danno in tv non posso fare a meno di rivederlo, un po' come Pretty woman e Una poltrona per due. Lo trovo un film stupendo. E anche per questo motivo, il libro mi ha delusa. Intendiamoci: è scritto bene, ha dei momenti piacevoli, spiritosi e abbastanza coinvolgenti. Ma il problema è proprio questo: non ti coinvolge mai del tutto, non riesce a farti identificare nel povero idiota Forrest né a farti sentire presente alle sue vicende. Immagino che questo sia dovuto al fatto che le cose che capitano a Forrest sono totalmente assurde, roba degna de Le avventure del barone di Münchhausen, così improbabili da risultare ridicole, o peggio, risibili. Il culmine (o forse dovrei dire il fondo...) lo si tocca quando Forrest va nello spazio per poi atterrare in Nuova Guinea, dove rimane per anni fra i cannibali e i pigmei, in compagni di un orango.
E poi la più grande delusione sono i personaggi. Inevitabile il confronto col film. Nel film, la mamma di Forrest è fantastica: si fa in quattro per il figlio, è determinata, furba ma soprattutto saggia, sa sempre qual è la cosa giusta da dire a Forrest e lo consiglia per il meglio, e in fondo se a lui va tutto bene è merito degli insegnamenti della madre. Nel libro lei è insopportabile, sempre a piangere e torcersi le mani, totalmente inutile se non dannosa per Forrest, che è costretto a non raccontarle mai nulla di sé e delle sue disavventure per non farla piangere un'ennesima volta. Anche Jenny, che nel film è una figura complessissima, piena di problemi, di chiaroscuri (io l'adoro!), nel libro è di poco meglio di una sciacquetta moralista, di una noia mortale. E il mitico tenente Dan? Nel libro non è un granché, anche se forse è l'unico personaggio tollerabile fra quelli poi ripresi dal film.
Insomma, non mi è piaciuto, e non mi sarebbe piaciuto neanche se non avessi fatto l'inevitabile confronto col film. Si lascia leggere perché è scritto bene, ma l'ho trovato nel complesso piuttosco sciocco. Un'occasione persa, per fortuna non da Zemeckis.
Lasciate perdere. Voto: 3 su 5.


Forrest Gump
di Winston Groom, ed. Sonzogno, 1994 (orig. 1986), €10,00 circa, 258 pagine

02 febbraio 2013

Recensione libro: La regina della casa, di Sophie Kinsella

«Una delle cose che ho imparato da tutto quello che mi è successo è che non esiste l'errore più grande della vita. Non ci si rovina la vita. In fin dei conti, la vita ha notevoli capacità di recupero.»
E notevoli capacità di recupero ha anche la protagonista di questo romanzo, Samantha, avvocato di successo in un famoso studio legale londinese. Guadagna bene, è apprezzatissima nell'ambiente, ma non fa antro che lavorare, è sempre di corsa nella city, nel traffico, vive nel caos più totale e non ha mai un secondo per sé: la sua vita ruota tutta intorno al lavoro legale, che è la sola cosa che sappia fare. Che cosa può dunque accadere a una persona così se, per varie congiunture, si ritrova a fare la governante in un paesino di campagna? Lei, che non sa attaccare un bottone né tostare una fetta di pane, si ritrova improvvisamente a dover lavare, stirare, pulire, cucinare. Certo, Sam è una tipa in gamba; ma ce la farà a trasformarsi in una perfetta «regina della casa»?
Leggete questo simpatico libro e lo scoprirete. Devo dire che questo romanzo mi è piaciuto di più di I love shopping. Questo ha uno humour più «inglese», alla Wodehouse, che su di me ha sempre successo. I personaggi sono divertenti, un po' teatrali, se vogliamo: ciascuno incarna uno stereotipo. Ma in fondo è quello che si vuole quando ci si accinge a leggere un romanzo di questo tipo, un modo piacevole e poco impegnativo di passare il tempo. Tuttavia, vedrete che qua e là non mancano anche dei momenti di profondità.
Consigliato. Voto: 3/4 su 5.

La regina della casa
di Sophie Kinsella, ed. Mondadori, 2005, € 5,00, 414 pagine

16 gennaio 2013

Recensione libro: L'anno della lepre,
di Arto Paasilinna

Il protagonista di questo bizzarro romanzo è Vatanen, un giornalista quarantenne di Helsinki che, dopo aver investito una lepre che poi fugge in un bosco, decide d'inseguirla nel folto degli alberi. Così facendo si lascia dietro le spalle tutta la sua vita: lavoro, moglie, città. Trovata la lepre, la fa medicare e la fa diventare domestica. Inizia così l'avventura di Vatanen e della sua lepre, che li porterà ad attraversare la Finlandia da sud a nord, da Helsinki alla Lapponia, fino all'Unione Sovietica, in una serie di peripezie on the road scanzonate, irriverenti e ironiche come è lo stile dell'autore, Arto Paasilinna, ma a tratti anche toccanti, persino angoscianti, comunque sempre coinvolgenti. E' una fuga, quella di Vatanen, e infatti il libro inizia con una fuga (metaforica) e finisce con una fuga (concreta). Un bel libro, che ho letto con piacere, anche perché aiuta ad avvicinarsi a una cultura di cui poco o nulla conosciamo, quella finnica, e lo fa soprattutto attraverso il paesaggio, la natura, gli animali, che sembrano quasi i veri coprotagonisti piuttosto che gli altri esseri umani, presenti sì, ma un po' come sfuocati, secondari, di sfondo. Mi è piaciuto di più un altro romanzo di Paasilinna, Il bosco delle volpi, che consiglio senz'altro; ma anche questo è decisamente un bel libro, che scivola via veloce e lieve come un fiocco di neve che scende sulla Lapponia. Bello; gli do 4 su 5 come voto.

L'anno della lepre
di Arto Paasilinna, ed. Iperborea, 2012 (orig. 1975), € 13,00, 192 pagine

07 gennaio 2013

Recensione libro: Cell, di Stephen King

Uno dei più brutti libri che abbia mai letto, di una noia mortale, con un'idea di partenza abbastanza interessante, ma in fondo niente di particolarmente originale, come fa già intuire la dedica al regista Romero, quasi a chieder scusa per la scopiazzatura; un'idea da cui poi scaturisce un fiume di inutili parole, di azioni scontate e di personaggi improbabili (il bambino dodicenne che parla come un professore del politecnico è a dir poco stucchevole). Un'occasione che poteva essere buonina, ma che invece si è persa in una vischiosa brodaglia di banalità e lungaggini, della serie «più sono le battute = maggiore è il guadagno», tipico modus opernadi dell'industria editoriale americana. Sconsigliatissimo.

Cell 
di Stephen King, ed. Sperling & Kupfer, € 18,00

27 dicembre 2012

In arrivo delle novità!

Eh sì, cari lettori e soprattutto care lettrici: in arrivo delle novità. Ieri sera non riuscivo a prendere sonno perché il mio cervellino cabulava, cabulava, cabulava. Ooops! Il correttore automatico m'informa gentilmente che il verbo cabulare non è compreso nel vocabolario della lingua italiana... E va be', allora diciamo che il mio cervellino lavorava, lavorava e lavorava, e le ruotine e gli ingranaggi che ho sotto i ricci giravano vorticose. E pensavo: anno nuovo, nuove rubriche sul blog! In realtà siamo ancora alla fine dell'anno vecchio, ma io, che a Capodanno non voglio mai lasciarmi cogliere impreparata, ho già cominciato a pensare alle novità da introdurre in questo 2013 che (con buona pace dei maya) pare proprio sia in arrivo (comunque io nel dubbio tocco ferro!). E così, fra le mille altre novità di tutt'altro genere che andavo elucubrando ier sera, ce n'è anche un paio che riguardano il mio blogghino e che spero vi piacciano. Ho pensato d'introdurre tre nuove rubriche; le vedete già in alto sotto l'intestazione del blog, fra i titoli delle pagine.
Si tratta di:
1. Uncinetto: tutti i punti

2. Consigli beauty

3. Recensioni libri

Be', dal titolo già si capisce quali saranno gli argomenti.

Uncinetto: tutti i punti sarà una rubrica dedicata alla spiegazione di tutti i punti dell'uncinetto che conosco, da quelli "base" (catenella, maglia bassa, alta e così via) a quelli "compositi", adatti per fare scialli, sciarpe, vestiti eccetera. Grande aiutante in questa mia nuova avventura sarà il vecchissimo ma magnifico libro che vedete in foto. Però non ho ancora deciso se farò dei tutorial con foto o con video (e qui mi dovrà venire in soccorso l'Aiutante Numero Due, cioè il Pupo, il quale è del tutto ignaro di ciò che gli toccherà perché non gli ho ancora parlato del mio folle progetto eh eh eh!). Voi cosa preferite: foto o video?

Per quanto riguarda la rubrica Consigli beauty, invece, la mia intenzione è quella di scrivere delle recensioni ed eventuali piccoli consigli su prodotti da me usati in fatto di cosmesi: creme, make up, capelli eccetera, sconfinando talvolta anche nel campo dei prodotti detergenti per la casa e il bucato. Che ne dite?

Infine, Recensioni libri sarà una pagina dedicata alle mie letture, in cui scriverò i miei commenti e le mie opinioni in merito ai libri che via via leggo.

Be', spero che queste tre nuove rubriche vi possano interessare e mi auguro che siano carine come spero. Ma mi direte poi voi le vostre opinioni: sotto dunque con i consigli, che ne avrò bisogno! Un ciao a tutti/e e ancora tanti auguri!!!

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